Il voto degli israeliani all’estero suscita forti passioni in Israele. L’acceso dibattito tocca un nervo sensibile del Paese: il diritto di chi ha scelto le spiagge di Miami o le confortevoli torri di Manhattan di immischiarsi negli affari di un Paese in guerra permanente con i suoi vicini.
Claudio Pagliara, giornalista RAI
Itaca, il blog del giornalista Claudio Pagliara, corrispondente RAI per gli Stati Uniti.
Berlusconi amico di Israele piace anche al presidente Abu Mazen
Gli antiberlusconiani storceranno il naso, e ancor di più i nostalgici filo palestinesi ad oltranza. Eppure, né l’affermazione netta del diritto di Israele a difendersi dal lancio di razzi di Hamas, né l’accoglienza fuori del comune tributata dalla Knesset al premier italiano Berlusconi, hanno rabbuiato il volto del Presidente palestinese Abu Mazen, che ieri a Betlemme gli ha riservato un’accoglienza calorosa.
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Berlusconi seppelisce l’equidistanza dalemiana e punta il dito contro l’Iran
Gerusalemme. Berlusconi schiera l’Italia, senza se e senza ma, nella cruciale partita del nucleare iraniano, destinata a dominare l’agenda diplomatica internazionale nelle prossime settimane. L’attacco al presidente iraniano Ahmedinajad, l’ex pasdaran che vuole cancellare Israele dalle carte, e’ stato diretto e durissimo.
Il viaggio di Berlusconi in Israele segna il ritorno dell’Europa in Medio Oriente
La tre giorni di Berlusconi e di metà del Consiglio dei ministri italiano a Gerusalemme segna il ritorno dell’Europa sulla scena diplomatica mediorientale. Il sogno svelato dal presidente del Consiglio, quello di vedere Israele nell’Unione Europea, non è frutto dell’inguaribile ottimismo berlusconiano in politica estera.
L’Egitto alza il “muro di Gaza” ma Hamas continua a sparare su Israele
Dopo la sconfitta del gennaio 2009, Hamas è sulla difensiva. Ha perso la sua popolarità e deve scegliere se proseguire nella riconciliazione di facciata con Fatah – sotto la supervisione dell’Egitto, che intanto alza un Muro al confine con Gaza – oppure se continuare a lanciare missili contro Israele, provocando una nuova guerra nella Striscia.
L’Europa risponde con intransigenza al pragmatismo di Netanyahu
Il premier Netanyahu ha dato prova di grande pragmatismo. Trattando con Hamas per liberare Shalit, accettando la creazione di uno stato palestinese e il congelamento di nuove costruzioni negli insediamenti. In cambio, l’Europa ha definito Gerusalemme Est "un territorio occupato", mentre in Gran Bretagna un tribunale emetteva un mandato di cattura per l’ex ministro Tzipi Livni e il ministero dell’alimentazione inaugurava il boicottaggio dei prodotti israeliani.
Gli insediamenti sono il punto più basso dei rapporti fra Europa e Israele
La presidenza dell’UE prepara una bozza di risoluzione che sembra copiata con carta carbone da un documento palestinese, sui confini del ’67. I rapporti tra Europa e Israele hanno toccato uno dei punti più bassi rendendo impossibile la vita a Netanyahu. All’ingresso di Ofra, uno degli insediamenti, i coloni che fino a ieri si fidavano ciecamente del premier gridano: “Bibi: Arabs in, Jews out”
Per gli Usa il problema non sono gli insediamenti di Israele ma l’Iran
La posizione cauta espressa dagli Usa sugli insediamenti di Israele, al vertice di New York, è uno dei primi segnali del cambio di rotta di Obama in Medio Oriente. Ma il banco di prova resta l’Iran. E’ tempo che il presidente americano rompa gli indugi e promuova delle sanzioni più incisive contro un regime che minaccia non solo Israele, ma anche gli alleati arabi degli Stati Uniti.
Facce tirate e pochi sorrisi, ma Obama spera nel pragmatismo di Netanyahu
L’incontro fra Obama e Netanyahu è stato uno spartiacque nelle recenti relazioni tra Usa e Israele. Ma nonostante le divergenze di interessi, l’impressione è che Obama voglia comunque offrire a Netanyahu un’occasione per mostrare il suo pragmatismo.
La scelta di Barak è la Waterloo dei laburisti ma un bene per Israele
Due giorni fa Ehud Barak ha spiegato alla convention laburista perché ha deciso di entrare nel governo Netanyahu. La sinistra è uscita sconfitta dalle urne e non c’è futuro in un’opposizione guidata dalla Livni. Netanyahu e Barak hanno invece l’esperienza militare per affrontare la più grave minaccia all’esistenza di Israele: l’Iran.