L’uccisione di Bin Laden commentata in modo diametralmente opposto a Ramallah e a Gaza. Per l’Autorità palestinese presieduta da Mahmoud Abbas l’eliminazione del capo di Al Queda è “un bene per la causa della pace nel mondo”. Per il premier di Hamas Ismail Haniyeh, Bin Laden, l’arciterrorista che ha abbattuto le Torri Gemelle, massacrando 3 mila persone, era “un santo combattente arabo” e la sua uccisione “è un altro segno dell’oppressione americana”.
Il baratro tra le due anime dei palestinesi non potrebbe apparire più incolmabile. Pur tuttavia, domani Mahmoud Abbas e Khaled Mashal, leader politico di Hamas, si stringeranno la mano al Cairo e firmeranno un documento che pretende di mettere fine allo scisma. Poco importa che si tratti con tutta evidenza di una riconciliazione di facciata. Mahmoud Abbas ne ha bisogno per parlare a nome di tutto il suo popolo quando a settembre chiederà all’Onu il riconoscimento dello Stato palestinese. Hamas vuole la finta pace col movimento rivale perché gli consente di rinsaldare i suoi legami con il nuovo Egitto in un momento in cui è in difficoltà in Siria, per il sostengo della casa madre, i Fratelli musulmani, alla rivolta anti regime.
Il Medio Oriente è pieno di contraddizioni. E l’unica cosa che i protagonisti non temono è quella di cadere nel ridicolo.