Archivio 'Gerusalemme'

Israel, Israele, Palestinesi, Uncategorized
8 Dicembre 2017

Trump su Gerusalemme ha ragione: è la capitale d’Israele

Trump su Gerusalemme ha ragione.




Apriti cielo! La dichiarazione con cui Donald Trump ha riconosciuto che Gerusalemme è la capitale d’Israele è stata accolta da un coro di critiche. Non è piaciuta, ovvio, ai palestinesi, non è piaciuta, altrettanto ovviamente,  ai Paesi arabi. Ma non è piaciuta neppure agli alleati occidentali di Israele e allo stesso establishment diplomatico americano: l’assenza del segretario di Stato americano Tillerson dalla stanza della Casa Bianca da dove  Trump ha letto sul teleprompter gli 11 minuti di discorso suona come una netta presa di distanza.

Eppure,  Trump su Gerusalemme ha ragione e tutti gli altri torto. Gerusalemme è la capitale d’Israele da 70 anni. Dalla fondazione dello Stato, ospita la sede del governo, del Parlamento, della Corte suprema, ovvero i tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) che costituiscono i pilastri di una democrazia. Il Congresso americano, con un voto bipartisan,  ha approvato nel lontano 23 ottobre del 1995 il Jerusalem Embassy Act, una legge che dispone lo spostamento dell’ambasciata statunitense dal lungomare di Tel Aviv alle colline di Gerusalemme ovest. Il rinvio dell’attuazione di questa decisione non ha dato – come ora si vuol far credere – più frecce all’arco della diplomazia americana. Lo dimostra il fallimento del più serio tentativo di forgiare un accordo di pace, quello compiuto da Bill Clinton. E chi avesse dubbi sulle responsabilità di Arafat nel naufragio del processo di pace di Camp David, si rilegga  le memorie dell’ex presidente americano che ne fu l’artefice.

E’ patetico lo sforzo di molti commentatori di dimostrare che la mossa di Trump comprometterebbe il processo di pace. Ma scherziamo? Chi lo scrive non ha il senso del ridicolo? Processo di pace! Chi ne ha visto un barlume batta un colpo. Non c’è processo di pace alcuno, e non ci sarà ancora per molto tempo, fino a quando le leadership dei due popoli  non mostreranno una onesta determinazione di volerlo perseguire.

Detto ciò, l’annuncio di Trump  va messo nella dovuta prospettiva. Riconoscendo Gerusalemme quale capitale d’Israele, il capo della Casa Bianca  non ne ha demarcato i confini. Ha ribadito, al contrario,  quella che è la tradizionale linea della diplomazia americana:  spetta a israeliani e palestinesi stabilire col negoziato i confini reciproci e risolvere le dispute territoriali, Gerusalemme inclusa. Per questo,  sarebbe auspicabile che le forti e contrastanti emozioni legittimamente suscitate  dalle parole del Presidente americano –  gioia in Israele e rabbia nei Territori palestinesi – si spegnessero e lasciassero il posto valutazioni  più ponderate.

Chi,  da una parte e dall’altra, con rammarico o soddisfazione, ritene che  Trump abbia messo di fatto la pietra tombale sull’unica soluzione del conflitto possibile, quella basata sulla formula “due Stati per due popoli”,  potrebbe presto o tardi dover fare   i conti con  il suo  volto del capo dellas Casa Bianca, quello dell’uomo d’affari, per il quale tutto è negoziabile e un compromesso è sempre possibile, basta pagare il giusto prezzo. La formula “uno stato” – verso la quale  paradossalmente ma non troppo convergono gli opposti estremismi – è palesemente una non soluzione. perpetuerebbe esacerbandolo il conflitto attuale. A mantenere viva la speranza, una costatazione. Anche in questi anni di stallo, la cooperazione sul terreno della sicurezza tra l’esercito israeliano e le forze di polizia dell’Autorità palestinese, che   non si è interrotta se non per brevi periodi, ha evitato, nell’interesse reciproco,  il dilagare della violenza.  Da questa realtà,  si dovrà  prima o poi ripartire. Leader coraggiosi cercasi.

Per vedere il mio documentario su Gerusalemme, clicca qui

 

Ebrei, Israel, Israele, Turismo
12 Dicembre 2016

Jerusalem, short term rent : very nice

 

A home away from home

 

Gerusalemme, Distretto di Gerusalemme, Israele

A few minute walk away from the old city of Jerusalem.
Italian style house.
Spacious , luxury and bright. In addition of the two bedroom, the house has a large and comfortable living room, a ful…

Israele, News
21 Settembre 2013

Sukkot: le mille capanne di Gerusalemme

IMG_2052 IMG_2054 IMG_2053 IMG_2050 IMG_2040 IMG_2039 IMG_2046Ieri ho passeggiato per  ore per le strade di Gerusalemme, dal mio quartiere, German Colony, sino al Muro del Pianto, passando per il quartiere ebraico della Citta’ Vecchia. In questi giorni di Sukkot, la festività’ ebraica dei Tabernacoli, Gerusalemme si trasforma: nei  dehors di caffè’ e ristoranti, nei cortili dei condomini e sui balconi degli appartamenti campeggiano le “sukkot”, le tradizionali capanne con il tetto preferibilmente di foglie di palma per far passare i raggi del sole. Ricordano le precarie dimore degli ebrei durante i 40 anni di traversata del deserto dopo l’Esodo dall’Egitto.  La festività’ dura una settimana. E’ considerato un precetto  visitare Gerusalemme ed essere felici.

L’anno scorso avevo realizzato un videoblog su questa che e’ una delle ricorrenze  più’ suggestive  del calendario ebraico. Per vederlo, clicca qui 

Israele, Palestinesi, Politica
21 Maggio 2012

La (mezza) festa di Gerusalemme

Gerusalemme. Ad ogni folata di vento, le kippa non ben ancorate volano, inseguite dai loro giovanissimi proprietari. Sono teen ager, appartengono al movimento sionista religioso, studiano nelle yeshivot di Gerusalemme e della Cisgiordania. Sono loro i protagonisti del Ha-Yom ha-Yerushalaim, il Giorno di Gerusalemme, che marca la conquista israeliana della parte est della citta’ nella guerra dei Sei giorni (1967).

Momento clou della giornata, la marcia attorno alle mura della Citta’ Vecchia. I giovani entrano dalla Porta di Damasco, fulcro della vita araba della citta’. Sono le 7 di sera. Il variopinto mercato ha gia’ chiuso i battenti. I 300 mila abitanti arabi di Gerusalemme, un terzo della popolazione, restano tappati a casa. C’e’ solo uno sparuto gruppo di giovani con la bandiera palestinese. Vola qualche parolaccia, c’e’ un accenno di rissa, interviene la polizia , dispiegata in forze, a disperdere la contro-manifestazione. Elicotteri fendono in continuazione l’aria tersa e insolitamente fresca per la stagione.

E’ la festa di Gerusalemme, ma una festa a meta’. Non solo perche’ gli arabi comprensibilmente non paretcipano alla celebrazione della “riunificazione” di Gerusalemme. Ma anche perché’, a parte i giovanissimi studenti con la kippa tessuta all’uncinetto, segno distintivo del movimento sionista religioso,  non si vedono le altre componenti della societa’ israeliana: gli ultraortodossi,e soprattutto  i laici. Tel Aviv, 60 chilometri ad Occidente, e’ distratta. Anche un pizzico infastidita. Sul Monte delle Munizioni, teatro della decisiva battaglia tra esrecito israeliano e esercito giordano per la conquista di Gerusalemme, c’e’ la manifestazione ufficiale. Benjamin “Bibi” Netanyahu ripete che Gerusalemme restera’ unita in eterno.  Ma al di la’ della retorica, nessuno nega i giganteschi problemi di Gerusalemme.  La sperequazione dei servizi, tra la parte araba, negletta, e quella ebraica. La mancanza di un tessuto sociale unitario. E il fatto che la citta’ tre volte santa resta  l’epicentro del conflitto arabo – israeliano.

Rovina la festa l’ex premier Olmert, che proprio nel giorno di Gerusalemme, ammette che lo Stato di Israele ha sempre agito in modo contrario a ciò’ che dichiarava, non ha agito per riunificare Gerusalemme, ma l’ha mantenuta di fatto divisa, investendo nello sfiluppo dei quartieri ebraici e lasciando in uno stato di deprecabile abbandono quelli arabi.  L’ex premier continua a rivendicare i meriti del suo governo che nel 2008 – sostiene – era ad un passo da uno storico compromesso con i palestiensi, che includeva  la cessione dei quartieri arabi della città.  Quartieri – precisa – che non hanno alcuna connessione con la storia del popolo ebraico.

Cultura
14 Dicembre 2011

Una “V” di 2.800 anni fa, il nuovo enigma di Gerusalemme

Osservate con attenzione questa foto: e’ stata scattata dagli archeologi che scavano nella “Città’ di Davide”, il sito archeologico che si estende dove sorgeva la Gerusalemme di Re Davide. Le tre “V” incise nelle lastre del pavimento di una stanza risalgono a 2.800 anni fa e costituiscono per ora un enigma.  Gli esperti hanno gettato la spugna e hanno dato la parola alla blogsfera. In una pagina di Facebook (per sottoscriverla, clicca qui), ognuno puo’ fornire una sua spiegazione.

L’idea ha avuto un successo insperato. Centinaia di aspiranti archeologi si sono cimentati nell’improbo compito. Tra le teorie piu’ bizzarre, la “V” rappresentazione stilizzata di un pugnale e quindi   simbolo di morte o semplicemente un rompicapo ideato con il preciso  scopo di dar filo da torcere alle generazioni future.

E’ la prima volta, a mia conoscenza, che internet prova a trasformarsi in archeologo collettivo. L’idea mi sembra buona. In fondo, se gli esperti alzano le braccia, c’e’ spazio per l’immaginazione anche di chi esperto non e’. Vediamo se anche qualcuno dei voi, miei cari amici, ha una teoria originale su queste misteriose tre “V” dei tempi di Re Davide!

Cultura, Politica, Religioni, Società, Terrorismo
23 Aprile 2011

Quest’anno a Gerusalemme – Tg2 Dossier

Questa sera, sabato 23 aprile, alle 23,40,  su Tg2 Dossier, va in onda il mio documentario intitolato: “Quest’anno a Gerusalemme”: la Gerusalemme ebraica e musulmana nelle storie intrecciate di  due dottori dell’Ospedale Hadassa, un modello di coesistenza; la Gerusalemme  nascosta dei tempi di Gesu’ visitata con una guida d’eccezione, l’archeologo Dan Bahat; la Gerusalemme multietnica in un tour gastronomico  del  mercato di Mahne Yehuda; la Gerusalemme ultraortodossa, in un matrimonio celebrato con tutti i crismi.

Condividete il link, grazie!

Antisemitismo, Politica, Religioni
27 Agosto 2010

La Via Dolorosa

Sabato scorso sono andato a zonzo nella Citta’ Vecchia. Volevo raccogliere per il Tg1 le reazioni dei bottegai alla ripresa dei negoziati diretti israelo – palestinesi. A meta’ della Via Dolorosa  sono entrato in un negozio di spezie. Sul lungo banco, ben ordinati, mucchi di spezie dai colori forti e dagli odori intensi. Chiedo a Tarik Ben Shehab, il proprietario, la tunica da musulmano osservante, come vede Gerusalemme in caso di accordo. La risposta mi spiazza: “Non ci sara’ pace a Gerusalemme – dice con un ghigno -, finché ci saranno ebrei nel mondo”. E per assicurarsi che il messaggio sia stato compreso, aggiunge: “E lo dica, alla tv, se non ci sara’ pace a Gerusalemme, non ci sara’ pace neppure in Europa”. Detto cio’,  si infila nel retrobottega e ne emerge con un libretto in inglese di 80 pagine intitolato “The Truth is…”. Me lo regala invitandomi a leggerlo con attenzione. Mi congedo frettolosamente. Il profumo delle spezie, e la volgarità delle affermazioni, mi causano ora un senso di oppressione. Il libricino e’una sorta di Bignami di idiozie sul Cristianesimo. Contiene affermazioni del tipo: ” Dio non e’ una torta, non si puo’ dividere in tre”. La vera religione, naturalmente e’ quella islamica. L’ultima pagina contiene il numero di cellulare del mio interlocutore. Con un invito a comporlo rivolto a chi si e’ lasciato convincere  ad abbracciare la Verita’, l’Islam. Conversione a tempi record assicurata!

Società
30 Luglio 2010

I gay conquistano la Knesset

Claudio porta la kippa, il copricapo ebraico, ed è osservante. Ieri, durante la “Love parade” di Gerusalemme ne indossava uno arcobaleno, i colori del movimento omosessuale. “Ci creda o no, lavoro per una organizzazione ultra ortodossa” – mi dice mentre entra, assieme a i tremila partecipanti al corteo, nel Rose

Garden della Knesset. Claudio è nato negli Stati Uniti, in California. Vive da 11 anni a Gerusalemme. Ha scelto di immigrare (ha fatto “alya”) in terra di Israele, per motivi religiosi, a dispetto della sua omosessualità. Ma non immaginava quanto sarebbe stato difficile essere ebreo osservate e gay nel cuore pulsante dell’ebraismo.

Il vice sindaco di Gerusalemme, l’ortodosso Yitzhak Pindrus ha avanzato l’odiosa richiesta di autorizzare una “parata di asini” in concomitanza con la “love parade” perché, a suo dire,  l’omosessualità trasforma l’uomo in bestia.

In questo clima, un successo per il movimento gay aver attraversato le strade della città santa a tre religioni senza incedenti e aver ottenuto, per la prima volta, il permesso di raggiungere la Knesset, il tempio della democrazia israeliana. La marcia segnava il primo anniversario dell’assalto ad una discoteca gay di Tel Aviv, costato la vita a 2 persone. I responsabili sono ancora ignoti.  “La tolleranza è sacra” ha scritto un manifestante su un cartello. Sì, la tolleranza è santa almeno quanto Gerusalemme.

Cultura, Politica
13 Maggio 2010

Cronache da una Gerusalemme sempre più divisa

  La prima preoccupazione, il traffico. Sono le 17 e devo rientrare a casa dall’ufficio. Come aggirare il centro assediato? La strada principale è sbarrata dalla polizia. Un lungo incolonnamento mi aspetta sull’unica via di fuga. Impiego mezz’ora per arrivare al semaforo, la fonte del  problema. Nessuno ha pensato che vista la deviazione obbligatoria,  l’incrocio avrebbe dovuto essere presidiato dai vigili urbani. 

Raggiungo casa, mi libero dell’auto,  e a piedi vado a curiosare nella città vecchia. E’ il Jerusalem Day, il Giorno di Gerusalemme, ovvero il 43 esimo anniversario della “riunificazione” della città santa.  La scorsa settimana ho sfogliano una raccolta di immagini di epoca.  Risalivano agli anni immediatamente successivi al 1967. Le foto immortalavano l’emozione di uomini e donne, vecchi e giovani, laici e religiosi al cospetto del Muro del Pianto. Era il coronamento di un lungo sogno. Per 16 anni, le truppe giordane che controllavano la parte orientale della città, avevano impedito agli ebrei di recarsi nel luogo a loro più santo.

Cosa resta oggi di quella corale partecipazione?  Ben poco. La parata attorno alla città vecchia è monopolizzata da ebrei appartenenti alla componente del sionismo religioso. Indossano la kippa fatta all’uncinetto. Il Muro del Pianto è preso d’assalto dagli ultraortodossi. Dove sono i laici? Probabilmente, sono ancora  imbottigliati, come lo ero io fino a poco O se ne sono rimasti rintanati a casa, perché vedono ben poche ragioni di festeggiare.

Gerusalemme 43 anni dopo è la città più povera e negletta di Israele.   Sta diventando sempre più religiosa. Solo il 20 per cento della sua popolazione ebrea si definisce laica. Su 191 mila studenti iscritti nelle scuole della città, ben 130 mila  frequentano scuole ultraortodosse  o arabe. Ciò significa che la grande maggioranza degli studenti segue un curriculum scolastico anti sionista.

La sera decido di vedere cosa succede dall’altra parte, quella est . Costeggio le mura, cinte d’assedio da un lungo serpente di autobus. Dalle stradine della città vecchia l’eco della festa  Mi lascio alle spalle la Porta di Damasco ed entro al Border Line, noto locale  di Gerusalemme est. Mi siedo ad un tavolo, in giardino. L’aria, come sempre di sera, è pungente. Le casse diffondono  musica araba, attorno a me giovani che fumano il narghilè. I pensieri corrono  alla retorica della giornata, contenuta nei discorsi ufficiali, a quella parola pronunciata come un mantra, riunificazione. Basta fare i cronisti per rendersi conto di quanto sia vuota.