Shalom.it: intervista a Oren Segal, Anti Defamation League
A Times Square, nel cuore di Manhattan, un ragazzo ebreo è stato malmenato da manifestanti filo palestinesi violenti. Un episodio analogo a Brooklyn. A Los Angeles, aggrediti alcuni ebrei in un ristorante. In un’altra parte della metropoli, le telecamere di sicurezza hanno mostrato un ortodosso in fuga, inseguito da un corteo di auto sulle quali sventolavano bandiere palestinesi. A Chicago danneggiata una sinagoga. Il conflitto tra Israele e Hamas ha portato alla luce un fenomeno allarmante. L’antisemitismo ha fatto breccia anche negli Stati Uniti, che si credevano se non immuni almeno migliori dell’Europa. L’appello a condannare gli episodi di antisemitismo, lanciato da diverse organizzazioni ebraiche, è stato accolto dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. “Gli attacchi agli ebrei sono deprecabili e devono cessare” – ha scritto in un tweet -. “L’odio non deve avere diritto di cittadinanza, né all’estero né in patria”.
L’impennata di casi di antisemitismo non è stata un fulmine a ciel sereno per chi monitora costantemente il fenomeno. Oren Segal, vice presidente del Centro sull’Estremismo dell’Anti Defamation League, da tempo punta l’indice sul ruolo che i social media giocano nel fare da cassa di risonanza ai messaggi di incitamento all’odio. Lo abbiamo intervistato.
Da quando è esploso il conflitto, l’Anti Defamation League ha registrato un aumento del 63 per cento di incidenti antisemiti rispetto al periodo precedente.
È un balzo spaventoso. È accaduta la stessa cosa in passato o è un fenomeno nuovo?
Storicamente, ogni volta che c’è stato un conflitto tra Israele e i suoi vicini, Hamas, Libano, sono state organizzate manifestazioni e cortei di protesta nel Paese e in alcuni casi ci sono stat episodi di antisemitismo. In una certa misura, ciò che è accaduto in questi giorni ha similitudini con il passato. Ma ci sono due importanti differenze. In primo luogo, questa volta ci sono stati aperti atti di violenza. A New York, ad esempio, ebrei sono stati malmenati in strada. Lo stesso è accaduto a Los Angeles. In secondo luogo, il ruolo giocato dai social media è stato maggiore che in passato. Twitter, Facebook, TikTok hanno veicolato una campagna di antisemitismo di ampiezza mai vista. Sono stati coinvolti un numero maggiore di internauti e un numero maggiore di piattaforme.