PoliticaParla Amidror, il nuovo Consigliere di Netanyahu

Parla Amidror, il nuovo Consigliere di Netanyahu

Netanyahu ha scelto il generale Yaakov Amidror come nuovo Presidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale, ignorando le perplessità di settori  della sinistra che lo considerano un falco. Sostituirà Uzi Arad, che torna all’attività accademica, dopo che il ministro degli Esteri Lieberman si è opposto alla sua nomina ad ambasciatore in Gran Bretagna.

Amidror è stato il primo comandante arrivato dalle file del sionismo religioso.  Ha servito nell’esercito per 36 anni, ricoprendo gli incarichi di direttore dell’intelligence militare e comandante dell’Accademia militare. Il 9 febbraio scorso, quando la piazza Tahrir ancora non aveva dato la spallata finale a Mubarak, l’ho intervistato nella sede dell’Istituto Lander, di cui è vice presidente da quando è andato in pensione dall’Esercito.  Alla luce della nomina, le sue risposte aiutano a capire il punto di vista dell’establishment israeliano sulle sfide del prossimo futuro.

Lei teme che l’Egitto possa cambiare la sua collocazione internazionale?

Non abbiamo la sfera di cristallo.    Ciò che conosciamo è la situazione sul campo. L’opposizione ha caratteristiche singolari. Non ha un leader, si è organizzata attraverso internet, Facebook. La domanda aperta è cosa accadrà quando il popolo sarà chiamato a votare. Per raccogliere voti, è necessaria una organizzazione. E per ora c’è una sola forza organizzata, i Fratelli Musulmani. Hanno una lunga tradizione, 80 anni, profonde radici nella società e sono ramificati in tutto l’Egitto.  La loro forza l’hanno dimostrata nelle penultime elezioni, ottenendo 88 seggi contro i 36 delle altre forze dell’opposizione. Al momento, non sappiamo cosa accadrà al partito di governo, se si disintegrerà, se troverà un nuovo leader. In ogni caso, c’è  ragione di temere che in libere e democratiche elezioni i Fratelli Musulmani vincano. E’ già accaduto in passato.   Penso alla Rivoluzione francese: alla fine gli estremisti, non i liberali,  prevalsero. Penso alla rivoluzione in Russia: prima che i comunisti ne prendessero la testa era guidata da forse democratiche e liberali. Pensi all’Iran: il  premier, nel 1978, era un liberale e alla fine è tornato Khomeini e ha spazzato via tutti. E non facciamoci illusioni, Il linguaggio moderato usato oggi dei Fratelli Musulmani  fa parte del gioco. La loro ideologia è quella dell’estremismo islamico. Se in futuro saranno in grado di influenzare il  governo, condurranno l’Egitto in uno stato di frizione con Israele.

Se l’Egitto cadesse nelle mani dei Fratelli Musulmani, che nuovi problemi di sicurezza ci sarebbero per Israele?

Dipende dall’Egitto. Noi non abbiamo interesse a cambiare nulla. Stiamo a guardare, cerchiamo di impariarare e col tempo  valuteremo il da farsi. Reagiremo a seconda delle azioni che verranno dall’altra parte del confine. Sono certo che l’esercito egiziano comprende il pericolo di un cambio di politica e farà tutto il possibile per mantenere lo status quo. Ma Israele è di fronte ad un gigantesco punto interrogativo. La verità è che non possiamo prevedere che direzione prenderà l’Egitto.

Le nuove incognite hanno un impatto sul processo di pace?

Non vedo differenze, tranne su un punto, le condizioni di sicurezza che devono essere alla base di un accordo di pace con i palestinesi. Guardiamo a ciò che è scritto nel libro diEhud Olmert, a ciò che è stato svelato da Wikileaks. Ora è hiaro a tutti che Israele nel 2008 ha fatto ai palestinesi un’offerta senza precedenti. Ha proposto di cedere la sovranità sul 97 per cento della Cisgiordania, ha accettato il principio di una connessione libera con la Striscia di Gaza, si è detto disposto ad accogliere  un certo numero di profughi , si è detto pronto a rinunciare alla sovranità sul Monte del Tempio (Spianata delle Moschee ndr), che sarebbe passata nelle mani di cinque Stati,  tre dei quali arabi. Eppure Abu Mazen ha respinta questa offerta. Al momento dlela verità, si è tirato indietro e non ha firmato.  A maggior ragione, non credo che sia disposto  ad accettare  quella offerta ora – se il governo israeliano la avanzasse –  che il sostegno dell’Egitto è dubbio .

Israele, dal canto suo, deve far tesoro degli avvenimenti di queste settimane. In futuro, dovremo insistere  maggiormente sulle garanzie  di sicurezza. Il Medio Oriente è una regione instabile. Dieci anni dopo gli accordi di Oslo, Arafat si è dimostrato un terrorista e durnate a seconda intifada il suo popolo ha ucciso mille cittadini israeliani. Ora, a 30 anni dalla pace di Camp David,  l’Egitto  è attraversato da un sommovimento dagli esiti imprevedibili. La lezione per Israele è che, in ogni accordo, bisogna che vengano incluse garanzie di sicurezza stringenti. Dobbiamo avere la certezza che   anche nello scenario peggiore, la Cisgiordania nelle mani di Hamas, la sicurezza di Israele sia garantita. E quando dico lo scenario peggiore  non intendo il meno probabile. A mio avviso, anzi, le chance che tra 10 anni Hamas controlli la Cisgiordania sono maggiori che resti nelle mani dei successori di Abu Mazen.

Le garanzie di sicurezza  devono essere definite con più accortezza di quanto non avesse fatto Olmert, che era pronto a cedere a terzi il oggi svolto dall’esercito israeliano. Se Hamas prendesse il controllo della Cisgiordania, gli europei, gli americani, la Nato farebbero ciò che oggi è chiamato a fare il nostro esercito? Sappiamo tutti che la risposta è no.

Claudio Pagliara, giornalista e autore, racconto gli Stati Uniti al pubblico della RAII. Ho scritto “La tempesta perfetta. USA e Cina sull’orlo della terza guerra mondiale”, Edizioni Piemme

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