Shaul Robinson mi accoglie con un sorriso smagliante. Affronta le sfide della post pandemia con l’ottimismo della ragione. E’ certo che anni meravigliosi seguiranno a quello orribile che ci stiamo mettendo alle spalle. Dal 2005 è rabbino capo della sinagoga “Lincoln Square”. Una comunità ortodossa moderna tra le più variegate, per età, status sociale, estrazione economica. Riflette la realtà dell’upper-west side di Manhattan, un mix di banchieri, professori universitari, scrittori, poeti, artisti. La sinagoga, che è stata inaugurata nel 2013, è la più grande costruita a New York in mezzo secolo. Ha 429 posti e si trova di fronte al Lincoln Center, nell’area dei teatri di Broadway, a poca distanza dai grandi musei.
La sua comunità come sta vivendo l’uscita dalla pandemia?
Il Covid ci ha colpiti quando ci preparavamo a festeggiare il Purim, occasione di grandi raduni. Abbiamo chiuso le sinagoghe prima che chiudessero gli altri luoghi di culto. Nessuno immaginava che l’emergenza sarebbe durata così a lungo. Ora stiamo affrontando la sfida della ripresa. Abbiamo riaperto da un anno. All’inizio molti avevano paura. Ma pian piano è tornata la