La premiazione dei tre migliori studenti d’inglese nella scuola dove insegnava mia sorella, maestra di vita, in un toccate articolo di Laura Collinoli su “La Provincia”
Per leggere l’articolo, clicca qui: Maestra Ornella
La premiazione dei tre migliori studenti d’inglese nella scuola dove insegnava mia sorella, maestra di vita, in un toccate articolo di Laura Collinoli su “La Provincia”
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Cari amici, vi invito a vedere e condividere il mio nuovo documentario su “I luoghi dello spirito”: Negev, Monte delle Beatitudini, Ashram Desert, Monte Grizim, Monte Meron. Israele possiede luoghi di intensa spiritualità e ancora miracolosamente incontaminati.
Osservate con attenzione questa foto: e’ stata scattata dagli archeologi che scavano nella “Città’ di Davide”, il sito archeologico che si estende dove sorgeva la Gerusalemme di Re Davide. Le tre “V” incise nelle lastre del pavimento di una stanza risalgono a 2.800 anni fa e costituiscono per ora un enigma. Gli esperti hanno gettato la spugna e hanno dato la parola alla blogsfera. In una pagina di Facebook (per sottoscriverla, clicca qui), ognuno puo’ fornire una sua spiegazione.
L’idea ha avuto un successo insperato. Centinaia di aspiranti archeologi si sono cimentati nell’improbo compito. Tra le teorie piu’ bizzarre, la “V” rappresentazione stilizzata di un pugnale e quindi simbolo di morte o semplicemente un rompicapo ideato con il preciso scopo di dar filo da torcere alle generazioni future.
E’ la prima volta, a mia conoscenza, che internet prova a trasformarsi in archeologo collettivo. L’idea mi sembra buona. In fondo, se gli esperti alzano le braccia, c’e’ spazio per l’immaginazione anche di chi esperto non e’. Vediamo se anche qualcuno dei voi, miei cari amici, ha una teoria originale su queste misteriose tre “V” dei tempi di Re Davide!
Cari amici, ho caricato sul YouTube il mio Dossier su Gerusalemme. Aspetto i vostri commenti, Grazie
Questa sera, sabato 23 aprile, alle 23,40, su Tg2 Dossier, va in onda il mio documentario intitolato: “Quest’anno a Gerusalemme”: la Gerusalemme ebraica e musulmana nelle storie intrecciate di due dottori dell’Ospedale Hadassa, un modello di coesistenza; la Gerusalemme nascosta dei tempi di Gesu’ visitata con una guida d’eccezione, l’archeologo Dan Bahat; la Gerusalemme multietnica in un tour gastronomico del mercato di Mahne Yehuda; la Gerusalemme ultraortodossa, in un matrimonio celebrato con tutti i crismi.
Condividete il link, grazie!
Juliano Mer-Khamis, arabo israeliano, pacifista e sopratutto attore e regista, e’ stato ucciso ieri a Jenin, da un commando palestinese, una tragica ironia della sorte dal momento che aveva speso gran parte della sua vita a difendere la causa palestinese, lui che aveva sempre dovuto lottare con la sua doppia identità’, figlio di madre ebrea e di padre arabo. Lo hanno ammazzato con una raffica di pallottole davanti al teatro che lui aveva creato, “Freedom Theater”, il teatro della libertà’. Qualche tempo fa Juliano aveva ammesso di sentirsi in pericolo di vita e di prendere precauzioni. I radicali islamici non potevano sopportare l’idea che uno dei progetti culturali più’ importanti dei Territori fosse condotto da un artista per meta’ ebreo. , “Una lampante forma di razzismo”, aveva denunciato Juliano. Che aveva concluso con parole chiaroveggenti: “Dopo tutto il lavoro fatto in questo campo rifugiati, sarebbe una vera sfortuna essere ucciso da proiettili palestinesi” . Il premier palestinese Salam Fayyad ha denunciato l’uccisione come “Una grande violazione dei valori umani” e ha promesso di arrestare i responsabili.
Avevo incontrato Juliano l’8 marzo a Jenin. Aveva scelto la Festa delle donne per la prima della sua nuova creatura artistica, un “Alice nel Paese delle meraviglie” in versione palestinese e femminista. Ecco il testo dell’intervista.
Claudio: Perché’ Alice nel Paese delle meraviglie a Jenin?
Juliano: Alice nel paese delle meraviglie e’ un testo immaginifico, fantasioso, non e’ stato difficile trasformarlo, adattarlo alla realtà’ di Jenin. E’ un inno alla liberazione: liberazione personale e liberazione nazionale. Per una strana coincidenza, mettiamo in scena lo spettacolo dopo le rivoluzioni in Tunisia, Egitto e, inshallah, anche in Libia.
C: La sua Alice e’ prima di tutto un’opera d’arte di alto livello, forse il più’ alto mai raggiunto in Palestina…
J.:Io metto l’enfasi sulla qualita’. Non e’ sufficiente avere un messaggio di alto valore sociale o politico. E’ importante che lo spettacolo abbia un alto valore artistico. L’equipe e’ composta da professionisti. E questo e’ il messaggio che cerchiamo di trasmettere sia agli studenti della scuola di teatro sia all’audience.
C: Ci racconti l’Alice di Jenin…
J: La nostra Alice e’ costretta a fidanzarsi con Ahmed, ma lei non vuole sposarlo e scappa. Nella fuga incontra Rabbit, il coniglio, che la trasporta nel Paese delle meraviglie, Jenin-land. Una terra delle meraviglie dove la gente non si cura che il telefonino squilli nel mezzo della rappresentazione teatrale, ad esempio… Una terra dove c’e’ un baccano infernale, dove l’esercito israliano compie incursioni. Entrata questo mondo, Alice incontra diversi uomini. La desiderano, vogliono fare all’amore con lei, vogliono sposarla. Intraprendendo questo viaggio, Alice cresce, impara e diventa una ragazza indipendente, si sente finalmente libera. Il messaggio e’ che se le nostre donne, le nostre sorelle, le nostre madri non saranno libere, noi tutti, noi palestinesi non saremo mai veramente liberi.
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Uno degli aspetti più controversi e meno conosciuti all’estero di Israele è il trattamento “a 5 stelle” che lo Stato riserva alla comunità ultraortodossa. I “charedim” (la ch ha un suono gutturale), questo il termine ebraico, hanno un sistema scolastico autonomo, quello delle yeshivot, scuole religiose, foraggiato dallo Stato, dove i ragazzi maschi studiano, a tempo pieno i testi sacri e poco altro.
Quando lo Stato di Israele fu fondato, solo una esigua minoranza della popolazione conduceva una vita ultraortodossa. Oggi, i charedim superano il 10 per cento, una percentuale in crescita vista la loro propensione alla procreazione (una famiglia media ha 7 figli). Laici, tradizionalisti, religiosi non charedim lamentano la tendenza degli ultraortodossi ad auto escludersi dal mondo del lavoro e dal servizio militare, per didecare tutta la loro vita agli studi religiosi, trasformandosi così in un fardello per la società.
Il conflitto, un vero e proprio fronte interno, è tornato alla ribalta la settimana scorsa, quando i leader politici degli ultraortodossi, che sostengono il governo Netanyahu, hanno minacciato di non votoare la legge finanziaria se non si troverà un modo per aggirare la sentenza della Corte suprema che nel 2000 ha dichiarato illegittime le borse di studio (centinaia di milioni di dollari) date agli studenti delle yeshivot perché violano il principio dell’eguaglianza.
A infiammare il dibattito, giunge oggi lo sfogo senza precedenti di uno studente di una yeshiva a Ynet. “Lo Stato ci finanzia, perché dovremo lavorare?”, si chiede facendo appello al governo affinché non ceda al ricatto dei partiti religiosi. Un monologo affascinante, che apre un raro squarcio in un modo ermetico. Ne raccomando la lettura a chi è interessato a conoscere anche aspetti meno noti di Israele, al di là a quello mediatizzato del conflitto con il mondo arabo. Per leggere l’articolo, clicca qui
Da oggi, la battaglia per restituire ai legittimi eredi le opere d’arte saccheggiate dai nazisti agli ebrei in Europa si avvale di un nuovo strumento, un sito internet, www.errproject.org . E’ stato creato dal Jewish Material Claims against Germany, meglio conosciuto come Claims Conference, e dal Museo dell’Olocausto di New York. Contiene il catalogo illustrato delle 20 mila opere rubate dai nazisti durante l’occupazione della Francia e del Belgio, inclusi dipinti di Picasso, Klimt e Chagall. Contrariamente a quanto comunemente si pensa, la maggior parte di queste opere non è ancora stata restituita.
Il catalogo on line è stato ricostruito sulla base delle schede di registrazione e del materiale fotografico rinvenuto negli archivi dell’ Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg (ERR), la task force creata da Hitler per depredare i Paesi occupati dalle truppe naziste nella Seconda guerra mondiale.
Per un curioso gioco dei rispettivi calendari, quest’ano ebrei e musulmani celebrano le loro ricorrenze religiose piu’ importanti negli stessi giorni. Domenica 5 settembre, di ritorno da Washington, per evitare di crollare addormentato all’ora sbagliata, mi sono lanciato in una passeggiata notturna nella citta’ vecchia. Per i musulmani era la Lailat ul-Qadr, la notte quando, secondo la tradizione, Maometto ha ricevuto il Corano. Per la ricorrenza, 300 mila fedeli sono andati a pregare sulla spianata delle Moschee.
A pochi metri in linea d’aria, il Muro del Pianto era preso d’assalto dagli ebrei che nei giorni precedenti lo Yom Kippur recitano le “slichot”, letteralmente “scuse”, ovvero chiedono perdono per i peccati.
Vivo a Gerusalemme da 7 anni. E’ la prima volta che due ricorrenze cosi’ importanti vengono celebrate senza tensione alcuna.
Nei prossimi giorni gli ebrei celebrano Rosh Ha Shana, il loro capodanno e i musulmani l’Eid al-Fitr, i tre giorni di festa grande che pongono fine al lungo mese di Ramadan. Nelle rispettive lingue, i miei personali auguri: Shana tova e Eid said.
Diana Krall non poteva scegliere momento piu’ complicato per compiere l'”impossibile” viaggio Libano – Israele. E invece, mentre alla frontiera c’era ancora il fumo della battaglia tra soldati israeliani e libanesi, la cantante e pianista jazz canadese ieri sera si e’ esibita a pochi chilometri da Tel Aviv, nell’Anfiteatro di Ra’anana, dopo aver tenuto un concerto, la sera precedente, a Beirut.
Una scelta, quella di Diana Krall, di confermare il concerto israeliano, in antitesi con quella compiuta pochi mesi fa dal marito, il grande Elvis Costello, che aderendo alla campagna di boicottaggio anti israeliano fomentata dai circoli islamici a maggio ha annullato annullando a maggio due concerti in programma per questa estate a Tel Aviv.
Con un pizzico di ironica fantasia, si possono immaginare i discorsi a cena della “strana coppia”. “Mia cara Diana, dovresti riconsiderare la tua scelta di cantare in Israele. Sai, c’e’ chi pensa che sia uno stato che pratica l’apartheid…”. E lei, sbuffando: “Amore, ancora con questa storia! E’ solo un concerto. E poi, a causa tua, dovrò nascondermi da paparazzi e giornalisti, curiosi di sapere perche’ io si’ e tu no, in Israele…”.
Una cosa e’ certa. Elvis Costello ha mostrato di avere meno attributi della consorte. Pochi giorni prima di annullare i concerti, aveva dichiarato al Jerusalem Post di non credere nello strumento del boicottaggio. Chissà chi o cosa gli ha fatto cambiare repentinamente idea.
Diana Krall in ogni modo ieri sera e’ stata fantastica. Cliccate qui per ascoltare uno dei suoi pezzi piu’ belli.