Archivio 'Terrorismo'

Politica, Terrorismo
2 Maggio 2011

L’Osama della discordia (palestinese)

L’uccisione di Bin Laden commentata in modo diametralmente opposto a Ramallah e a Gaza. Per l’Autorità palestinese  presieduta da Mahmoud Abbas l’eliminazione  del capo di Al Queda è “un bene per la causa della pace nel mondo”. Per il premier di Hamas Ismail Haniyeh, Bin Laden, l’arciterrorista che ha abbattuto le Torri Gemelle, massacrando 3 mila persone,  era “un santo combattente arabo” e la sua uccisione “è un altro segno dell’oppressione americana”.

Il baratro tra le due anime dei palestinesi non potrebbe apparire più incolmabile. Pur tuttavia, domani Mahmoud Abbas e Khaled Mashal, leader politico di Hamas, si stringeranno la mano al Cairo e firmeranno un documento che pretende di mettere fine allo scisma. Poco importa che si tratti con tutta evidenza di una riconciliazione di facciata. Mahmoud Abbas ne ha bisogno per parlare a nome di tutto il suo popolo quando a settembre chiederà all’Onu il riconoscimento dello Stato palestinese. Hamas vuole la finta pace col movimento rivale perché gli consente di rinsaldare i suoi legami con il nuovo Egitto in un momento in cui è in difficoltà in Siria, per il sostengo della casa madre, i Fratelli musulmani, alla rivolta anti regime.

Il Medio Oriente è pieno di contraddizioni. E l’unica cosa che i protagonisti non temono è quella di cadere nel ridicolo.

Cultura, Politica, Religioni, Società, Terrorismo
23 Aprile 2011

Quest’anno a Gerusalemme – Tg2 Dossier

Questa sera, sabato 23 aprile, alle 23,40,  su Tg2 Dossier, va in onda il mio documentario intitolato: “Quest’anno a Gerusalemme”: la Gerusalemme ebraica e musulmana nelle storie intrecciate di  due dottori dell’Ospedale Hadassa, un modello di coesistenza; la Gerusalemme  nascosta dei tempi di Gesu’ visitata con una guida d’eccezione, l’archeologo Dan Bahat; la Gerusalemme multietnica in un tour gastronomico  del  mercato di Mahne Yehuda; la Gerusalemme ultraortodossa, in un matrimonio celebrato con tutti i crismi.

Condividete il link, grazie!

News, Terrorismo
15 Aprile 2011

Arrigoni assassinato da fanatici islamici

Nel cuore della notte, Hamas, in un   comunicato ha annunciato che  le sue forze speciali hanno trovato il corpo di Vittorio Arrigoni nel covo dove il gruppo salafita (o salafista) lo aveva fatto prigioniero.  L’attivista italiano sarebbe stato strangolato. Altre fonti riferivano che era stato  impiccato. Ci uniamo al dolore di familiari e amici per la scomparsa di un uomo che aveva scelto la causa palestinese ed e’ rimasto vittima  dell’odio più’  cieco di fanatici islamici. La sua morte segue di due settimane quella di un altro attivista filo palestinese, Juliano Mer-Khamis, l’attore e regista che si definiva palestinese ed ebreo: lui, di madre ebrea e di padre cristiano,  aveva scelto di insegnare teatro ai bambini del campo rifugiati di Jenin. Anche lui è rimasto vittima dell’odio cieco:  un commando di estremisti islamici lo ha ucciso sparandogli 5 pallottole a bruciapelo.

Riportiamo il comunicato di Hamas: contiene l’implicita ammissione che gruppi radicali islamici operano a Gaza per destabilizzare il regime assieme alla scontata accusa di servire gli interessi del nemico sionista.
“The Italian was killed by suffocation and his body was found in a street of the city of Gaza

Ehab Al-Ghsain, spokesman of Hamas interior ministry spokesman said during an urgent news conference that the arrest and the interrogation of one of the  group led to disclosing the location where they kept the abducted man. “The forces moved quickly and wisely to the place and found  that the abducted was killed hours ago and in an ugly manner  according to the pathologist,”
“The government condemns the ugly crime which does not reflect  our values, nor our religion nor our tradition and it confirms  it will chase the remaining members of the group,” Ghsain said the crime was the first in years and therefore n it did not reflect a retreat in the security stability of Gaza. He also accused those behind it of trying to serve the agenda  of Israel by “trying to terrorize those people who support the  Palestinian people in Gaza, especially in the time the  occupation announced they are trying to prevent the arrival of  more solidarity missions to Gaza.”

Terrorismo
14 Aprile 2011

Arrigoni nelle mani degli islamisti? No del Mossad

Ecco  una notizia di quelle che le anime belle dagli occhi bendati di certi settori, minoritari ma rumorosi, dell’estrema sinistra italiana non vogliono proprio capire. O forse, meglio, non possono capire. Vittorio Arrigoni, l’eroe di tutte le Flottiglie, passate, presenti e future, e’ stato rapito da un gruppo islamico, ancor piu’ radicale di Hamas, nella Striscia di Gaza che aveva eletto a sua seconda patria. Come e’ possibile, si chiedono ora quanti non possono neppure immaginare che un attivista filo palestinese possa essere nei guai per mano islamica? Naturalmente ci deve essere la mano del Mossad! Naturalemente e’ opera del complotto sionista! Naturalemente c’e’  lo zanpino di Berlusconi, che con un telefono cerca voti per far passare il processo breve alla Camera e con l’altro organizza rapimenti nella Striscia di Gaza!

No,  non sto scherzando. Commenti di questo tenore li trovate numerosi sulla pagina Facebook di Vittorio Arrigoni .

Nell’unire la mia voce a quella di quanti chiedono in queste ore l’immediata liberazione di Vittorio Arrigoni, mi sembra utile fornire ai lettori igmari della realtà’ di Gaza alcune informazioni che aiutano a comprendere l’origine di questo deprecabile episodio.  Il gruppo che ha rapito Arrigoni, “Monoteismo e Guerra Santa” fa parte della galassia salafista (o salafita), una corrente dell’Islam che predica un ritorno alle origini e la lotta a ogni forma di occidentalizzazione.  A Gaza, i salafisti (o salafiti) hanno fatto la loro comparsa dopo  la presa del potere di Hamas ai danni di Fatah, nel 2007. Hamas ha inizialmente  tollerato questi gruppi, affidando loro il compito di guardiani della “morale”.  I risultati sono sotto gli occhi di tutti: minacce e intimidazioni  nei confronti della sparuta comunità’ cristiana , duemila anime,  con l’assassinio, ancora impunito, del libraio  Rami Khader Ayya;   attacchi con bombe incendiarie  contro gli internet caffè’; il divieto ai parrucchieri uomini di esercitare la loro professione. In poco tempo, il peso dei salafisti (o salafiti) e’ cresciuto e  gruppi della galassia  hanno cominciato a sfidare apertamente  Hamas e il suo monopolio del potere.  Il primo scontro risale al 15 agosto del 2009, quando Abdel-Latif Moussa, leader del gruppo  Jund Ansar Allah, si proclamo’   emiro di Rafah. Hamas non andò per il sottile. Dopo poche ore, assalto’  la moschea nella quale era asserragliato l’auto proclamato emiro e  lo uccise assieme ai suoi seguaci.

Questo e’ il contesto in cui e’ maturato il rapimento di Vittorio Arrigoni. L’attivista italiano si trova nelle mani di un gruppo  il cui leader, lo sceicco Abu Walid-al-Maqdasi, era stato arrestato lo scorso mese da Hamas. E’ vittima dell’ideologia fondamentalista di gruppi islamici che criticano  Hamas per la lentezza con cui procede nell’islamizzazione della società palestinese.  Israele, il sionismo, Berlusconi non c’entrano nulla. Ma lo strabismo di chi crede che tutto il male sia da una sola parte, quella israeliana, gioca brutti scherzi. E offende la ragione.

Antisemitismo, Cultura, Terrorismo
5 Aprile 2011

Pallottole su Alice nel paese delle meraviglie

Juliano Mer-Khamis, arabo israeliano, pacifista e sopratutto attore e regista, e’ stato ucciso ieri a Jenin, da un commando palestinese, una tragica ironia della sorte dal momento che aveva speso gran parte della sua vita a difendere la causa palestinese, lui che aveva sempre dovuto lottare con la sua doppia identità’, figlio di madre ebrea e di padre arabo. Lo hanno ammazzato con una raffica di pallottole davanti al  teatro che lui aveva creato, “Freedom Theater”, il teatro della libertà’.  Qualche tempo fa Juliano aveva ammesso di sentirsi in pericolo di vita e di prendere precauzioni. I radicali islamici non potevano sopportare l’idea che uno dei progetti culturali più’ importanti dei Territori fosse condotto da un artista per meta’  ebreo. , “Una lampante forma di razzismo”, aveva denunciato Juliano.  Che aveva concluso con parole chiaroveggenti:  “Dopo tutto il lavoro  fatto in questo campo rifugiati, sarebbe una vera sfortuna essere ucciso da proiettili palestinesi” .  Il premier palestinese Salam Fayyad ha denunciato l’uccisione come “Una grande violazione dei valori umani” e ha promesso di arrestare i responsabili.

Avevo incontrato Juliano l’8 marzo a Jenin. Aveva scelto la Festa delle donne per la prima della sua nuova creatura artistica, un “Alice nel Paese delle meraviglie” in versione palestinese e femminista. Ecco il testo dell’intervista.

Claudio: Perché’ Alice nel Paese delle meraviglie a Jenin?

Juliano: Alice nel paese delle meraviglie e’ un testo immaginifico, fantasioso, non e’ stato difficile trasformarlo, adattarlo alla realtà’ di Jenin. E’ un inno alla liberazione: liberazione personale e liberazione nazionale. Per una strana coincidenza, mettiamo in scena lo spettacolo dopo le rivoluzioni in Tunisia, Egitto e, inshallah, anche in Libia.

C: La sua Alice e’ prima di tutto un’opera d’arte di alto livello, forse il più’ alto mai raggiunto in Palestina…

J.:Io metto l’enfasi sulla qualita’. Non e’ sufficiente avere un messaggio di alto valore sociale o politico. E’ importante che lo spettacolo abbia un alto valore artistico. L’equipe e’ composta da professionisti. E questo e’ il messaggio che cerchiamo di trasmettere sia agli studenti della scuola di teatro sia all’audience.

C: Ci racconti l’Alice di Jenin…

J: La nostra Alice e’ costretta a fidanzarsi con Ahmed, ma lei non vuole sposarlo e scappa. Nella fuga incontra Rabbit, il coniglio, che la trasporta nel Paese delle meraviglie, Jenin-land. Una terra delle meraviglie dove la gente non si cura che il telefonino squilli nel mezzo della rappresentazione teatrale, ad esempio… Una terra dove c’e’ un baccano infernale, dove l’esercito israliano compie incursioni. Entrata questo mondo, Alice incontra diversi uomini.  La desiderano, vogliono fare all’amore con lei, vogliono sposarla. Intraprendendo questo viaggio, Alice cresce, impara e diventa una ragazza indipendente,  si sente finalmente libera. Il messaggio e’ che se le nostre donne, le nostre sorelle, le nostre madri non saranno libere, noi tutti, noi palestinesi non saremo mai veramente liberi.

Terrorismo
24 Marzo 2011

Terrore a Gerusalemme, triste déjà vu

Gerusalemme. Ore 15, nella saletta di montaggio, dove sono rinchiuso notte e giorno per terminare il mio documentario su: “Quest’anno a Gerusalemme” (Tg2 Dossier prima di Pasqua) arriva, sordo, un botto inconfondibile. “Pigua pigua”. “Balagan, balagan”. Attentato! Che casino! il lessico ebraico di base che si apprende appena si arriva in Israele.

La fermata dell’autobus dove mani ignote, scoprirò, hanno lasciato il pacco bomba esploso è a 200 metri dall’ufficio. Esco con il mio cameraman. In ascensore, voglio ancora credere che non sia vero. Su Jaffa road, non ho più dubbi. Decine e decine di ambulanze, decine e decine di auto della polizia , decine e decine di persone corrono verso il luogo dell’attentato. Mi metto a correre anch’io, facendo zigzag  tra le auto con le sirene spiegate.

Dall’esplosione sono passati pochi minuti. Vedo un ferito in barella. Il primo autobus colpito dall’onda, i vetri anteriori in frantumi. Il secondo è a 20 metri , sono i vetri posteriori che si sono sbriciolati. L’ordigno è esploso sul ciglio della strada, vicino ad una cabina telefonica.

Il telefonino inizia a squillare, gli sms  ad arrivare. “Come stai? Tutto bene?” Arriva anche una mail dal Giappone. Avital è lì, a 500 chilometri da una  centrale nucleare impazzita , eppure si preoccupa di accertarsi che i suoi amici  siano in salvo.

Gerusalemme , Israele,  avevano rimosso gli anni 2000 – 2005. E anche io. Ieri, per tutti, il triste senso di un dèjà vu.

Per vedere il servizio sull’attentato, Tg1 20.00 del 23/3/2011, cliccca qui.

Politica, Terrorismo
13 Marzo 2011

Itamar, strage degli innocenti: le mie foto

Decine di migliaia di persone hanno partecipato a Gerusalemme ai funerali della famiglia Fogel: il padre Udi (36 anni), la madre Ruth (35) e tre dei loro sei figli, Yoav (11), Elav (4) e Hadas (3 mesi). Due terroristi palestinesi si sono introdotti nella loro casa a Itamar, insediamento ebraico in Cisgiordania, e li hanno pugnalati nel sonno. Sono stato oggi a Itamar e ho seguito i funerali. Ho raccolto alcune immagini che dicono più delle parole: i giocattolii dei bambini nel giardino, una folla sterminata davanti alle cinque bare.

Politica, Terrorismo
10 Marzo 2011

Parla Amidror, il nuovo Consigliere di Netanyahu

Netanyahu ha scelto il generale Yaakov Amidror come nuovo Presidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale, ignorando le perplessità di settori  della sinistra che lo considerano un falco. Sostituirà Uzi Arad, che torna all’attività accademica, dopo che il ministro degli Esteri Lieberman si è opposto alla sua nomina ad ambasciatore in Gran Bretagna.

Amidror è stato il primo comandante arrivato dalle file del sionismo religioso.  Ha servito nell’esercito per 36 anni, ricoprendo gli incarichi di direttore dell’intelligence militare e comandante dell’Accademia militare. Il 9 febbraio scorso, quando la piazza Tahrir ancora non aveva dato la spallata finale a Mubarak, l’ho intervistato nella sede dell’Istituto Lander, di cui è vice presidente da quando è andato in pensione dall’Esercito.  Alla luce della nomina, le sue risposte aiutano a capire il punto di vista dell’establishment israeliano sulle sfide del prossimo futuro.

Lei teme che l’Egitto possa cambiare la sua collocazione internazionale?

Non abbiamo la sfera di cristallo.    Ciò che conosciamo è la situazione sul campo. L’opposizione ha caratteristiche singolari. Non ha un leader, si è organizzata attraverso internet, Facebook. La domanda aperta è cosa accadrà quando il popolo sarà chiamato a votare. Per raccogliere voti, è necessaria una organizzazione. E per ora c’è una sola forza organizzata, i Fratelli Musulmani. Hanno una lunga tradizione, 80 anni, profonde radici nella società e sono ramificati in tutto l’Egitto.  La loro forza l’hanno dimostrata nelle penultime elezioni, ottenendo 88 seggi contro i 36 delle altre forze dell’opposizione. Al momento, non sappiamo cosa accadrà al partito di governo, se si disintegrerà, se troverà un nuovo leader. In ogni caso, c’è  ragione di temere che in libere e democratiche elezioni i Fratelli Musulmani vincano. E’ già accaduto in passato.   Penso alla Rivoluzione francese: alla fine gli estremisti, non i liberali,  prevalsero. Penso alla rivoluzione in Russia: prima che i comunisti ne prendessero la testa era guidata da forse democratiche e liberali. Pensi all’Iran: il  premier, nel 1978, era un liberale e alla fine è tornato Khomeini e ha spazzato via tutti. E non facciamoci illusioni, Il linguaggio moderato usato oggi dei Fratelli Musulmani  fa parte del gioco. La loro ideologia è quella dell’estremismo islamico. Se in futuro saranno in grado di influenzare il  governo, condurranno l’Egitto in uno stato di frizione con Israele.

Se l’Egitto cadesse nelle mani dei Fratelli Musulmani, che nuovi problemi di sicurezza ci sarebbero per Israele?

Dipende dall’Egitto. Noi non abbiamo interesse a cambiare nulla. Stiamo a guardare, cerchiamo di impariarare e col tempo  valuteremo il da farsi. Reagiremo a seconda delle azioni che verranno dall’altra parte del confine. Sono certo che l’esercito egiziano comprende il pericolo di un cambio di politica e farà tutto il possibile per mantenere lo status quo. Ma Israele è di fronte ad un gigantesco punto interrogativo. La verità è che non possiamo prevedere che direzione prenderà l’Egitto.

Le nuove incognite hanno un impatto sul processo di pace?

Società, Terrorismo
14 Gennaio 2011

Marya, il cuore degli israeliani vince sulla burocrazia

Marya, 10 anni,  potrà restare in Israele per curarsi. Assieme al padre e al fratello, che non la lasciano mai sola, ha ottenuto il permesso di residenza. A concederlo, il ministro dell’Interno Ishai. Appena la notizia si è diffusa, molti occhi si sono riempiti di lacrime di gioia all’ospedale di Gerusalemme, dove da 5 anni è ricoverata.

Marya è una bambina palestinese di Gaza.. Il cielo le è letteralmente crollato addosso, la mattina del 20 maggio del 2006, quando un missile israeliano ha centrato  l’auto di un terrorista, a pochi metri dalla sua. L’onda d’urto le ha portato via la madre, la nonna e un fratello. Lei è stata tirata fuori dalle lamiere in fin di vita e  trasferita in Israele. Ce l’ha fatta, ma è rimasta paralizzata dal collo in giù.

Gli ospedali di Gaza non sono  attrezzati per le cure di cui ha bisogno. Per le autorità israeliane un dilemma. Da un lato il timore di stabilire un precedente, concedendole la residenza. Dall’altro la pressione dell’opinione pubblica, favorevole ad una soluzione umanitaria.

Alla fine hanno vinto le ragioni del cuore su quelle di stato.

Marya  ha ottenuto la residenza temporanea. Tra qualche tempo  diventerà cittadina israeliana a tutti gli effetti. In ospedale ha imparato l’ebraico. E da tre anni ogni mattina va a scuola . Con ottimi risultati, assicurano gli insegnanti, soprattutto in matematica.